giovedì 9 dicembre 2010

A lavoro ci devo comunque andare, Altrimedia edizioni 2009, pp.123-124










La cassa acustica

Sto qui, nel mio box. Sento un cd rarefattissimo, Insen di Alva Noto e Ryuichi Sakamoto. Per questo chiamo la mia cassa, sportello n.3, la cassa acustica. Posso sentire la radio (ovviamente radio Capital, perfetta per una banca) e il pomeriggio Fahrenheit su radio 3. Non interferisce col mio lavoro. Anzi. I clienti apprezzano e a volte chiedono consigli e cd in prestito.
C’ho messo anni per guadagnarmi questa postazione. Questa finestra sul mondo antropologico. Tipi, caratteri, psicologie, casi umani, tic del linguaggio e della comunicazione. Ho fatto un percorso da gambero. Rinculando rinculando (e scusate l’espressione un po’ forte) son partito da stenotipista alla sede centrale di via Veneto a Roma e poi in segreteria, a Potenza, quindi addetto al portafoglio, all’estero e alle partite sospese e agli insoluti. Fino alla cassa.
Che terrore avevo della cassa. I primi giorni mi sentivo un manichino in vetrina. Più lo schifo di toccare le banconote. La paura di sbagliare.
Poi pian piano, coi mesi, mi sono abituato (ci si abitua a tutto, no?). Ho pensato a quanti soldi ho risparmiato, soldi che avrei dovuto dare ad uno psicanalista, perché un autistico tendenziale come me, introverso, non comunicativo, un orso (anche se sono glabro) è stato da un giorno all’altro, e in mezzo del cammin di sua vita, costretto a stare di fronte alla gente, come si di-ce. Cioè di fronte a chiunque, qualsiasi tipo di persona, di soggetto.
Strano, cafone, gentiluomo, giovane, anziano, profumato o non proprio. Cortese, stupido, diffidente, arrogante, onorevole o affascinante. Belli e brutti. Io che ho sempre usato un metodo così selettivo che io stesso, se m’incontrassi, mi darei del rompi-cazzi. Incassare subito, non solo i soldi ma i rimproveri o i complimenti, le antipatie o le simpatie, a seconda di come ti comporti. Capire con concretezza immediata la verità del detto cristiano: Dai e ti sarà dato.
Insomma un’esperienza che m’ha costretto ad uscire dalla mia comoda tana. A guardare e a farmi guardare. Ed ora eccomi qua. Da quando ho la radio, sto benissimo. I clienti mi conoscono quasi meglio dei parenti. Sanno pure che scrivo, e spesso sono miei lettori.
E mi viene da ridere pensando allo stress dei carrieristi. Entrano in una macchina che pian piano, mentre li fa un po’ più ricchi (ma manco poi tanto), li stritola.
Io, invece, sono un travet sempre più tranquillo.
Quando esco alle 17 e 30, vado ogni giorno in ferie. Il mio prezioso tempo libero, sicuro e definito, sta lì che m’aspetta.
E quando non ci son clienti davanti, posso anche scrivere, come sto facendo. Adesso.

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