martedì 21 settembre 2010

Charles Bukowski, Il capitano è fuori a pranzo, Feltrinelli 2000, pag.87-88


Ora sono stufo di scrivere sui poeti. Voglio però aggiungere che vivendo come poeti invece che come qualsiasi altra cosa, fanno del male a se stessi. Io ho fatto lavori umili fino a cinquant'anni. Ero sempre fra la gente. Non ho mai detto di essere un poeta. Non sto dicendo che lavorare tutta la vita sia una gran cosa. Spesso devi lottare per tenerti un lavoro schifoso perché dietro di te, pronte a prendere lo stesso lavoro, ci sono altre venticinque persone. Certo, non ha senso, certo, ti schiaccia. Ma penso che quello schifo mi abbia insegnato a lasciar fuori le stronzate quando poi scrivevo. Penso che di tanto in tanto devi mettere la faccia nel fango, penso che devi sapere che cos'è un carcere, un ospedale. Penso che devi sapere cosa vuol dire stare senza mangiare per quattro o cinque giorni. Penso che vivere con donne pazze faccia bene alla spina dorsale. Penso che dopo essere stato nella morsa puoi scrivere con gioia e con sollievo. Lo dico soltanto perché tutti i poeti che ho conosciuto erano molli meduse, parassiti. Non hanno niente da scrivere tranne il loro languido egoismo.
Sì, me ne sto alla larga dai POETI. Mi biasimate?