domenica 31 luglio 2011

Lucio Tufano, "Lo Sconfittoriale. Sud, genio e potere", Calice 2010

Lo sguardo vispo degli artisti ieri... e oggi


Bella epopea quella narrata nel brillante stile tufanesco in questo “Sconfittoriale”, Calice 2010. Lucio Tufano parte con slancio con un preambolo dallo sfiziosissimo titolo “Quando ti fotte il genio”. Pone la questione del talento e del successo. Cita dannunzianamente il caso (unico) di D’Annunzio. Sottolinea il valore che la letteratura ha dato alla figura degli sconfitti, inetti, perdenti, contrapposti al carrierismo dei conformisti organici al potere. Riprende poi la sua polemica sul levismo, spiegando come, una cosa è riconoscere l’importanza della figura di Carlo Levi, per quella generazione di intellettuali, in quel preciso periodo storico, un’altra, è continuare a vedere, ancora oggi, nel Cristo si è fermato a Eboli, un riferimento ineludibile, sul piano letterario, sociologico e antropologico per la realtà culturale lucana. Lo stesso dicasi per il grande Rocco Scotellaro e la questione contadina. Da allora, molto, quasi tutto è cambiato. E’ emotivamente coinvolgente il lavoro che fa Lucio Tufano su quel periodo (anni ’50-’60), rievocando quel gruppo di vivaci amici, pittori, scrittori, poeti e intellettuali che gravitavano attorno alla libreria del poeta Vito Riviello che hanno segnato una stagione irripetibile. Ricorderei anche Gian Domenico Giagni che per primo in Italia tradusse per Guanda le poesie di Prévert. Molto bello nello “Sconfittoriale” il repertorio fotografico. Invidiabile. Oggi, la nostra generazione, è dedita più all’autoscatto. A una forma di onanismo megalomane, sul web, su face-book, senza quell’allegria cameratesca che si legge negli occhi di quei ragazzi così creativi.
Però, è anche vero che dopo gli anni '70, qualcosa pure d'altro e di buono è accaduto: il gruppo di "Poesia '90" (Nico Nappa, Biagio Cappa, Leonardo D’Aria, Cinzia Valentini, Maria Teresa Imbriani, Anna Macchia, Rocco Nella, Giuseppe Zafarone e il sottoscritto) che negli anni 1985-1986 hanno operato attivamente a Potenza con letture pubbliche, poesie su manifesti murali, incontri con poeti di levatura nazionale. Il potentino Beppe Salvia a Roma, negli anni ottanta scriveva su “Prato pagano” e fondava con Marco Lodoli, Arnaldo Colasanti, Claudio Damiani la rivista “Braci”. Rocco Brindisi esordiva in un’antologia poetica nella mitica collana bianca dell’Einaudi. Raffaele Nigro pubblicava “I fuochi del Basento”, caso letterario per il clamoroso successo di pubblico e di critica. Vanno citati poi scrittori arrivati alla ribalta nazionale come Mimmo Sammartino, (Sellerio), Cinzia Zungolo, (Rizzoli), il giovane e poliedrico Andrea Di Consoli, (Rizzoli) Giuseppe Lupo (Marsilio), finalista al prossimo Campiello. Mariolina Venezia (Einaudi), che il Campiello l’ha vinto nel 2007. Gaetano Cappelli autore di un capolavoro come “Parenti Lontani” (già nel 2000 con Mondadori) e che, grazie alla sua scoperta recente di Antonio D’Orrico del Corsera, sta vivendo un gran momento di popolarità con la ristampa di tutta la sua opera mentre continua a sfornare nuovi romanzi col suo solito inconfondibile brio. Va citato anche, nel giornalismo, Camillo Langone (“Panorama”, “Il Foglio”), che è una penna acuta e felicemente atipica. Ma anche nell’arte, non dimenticherei i pittori del dopo Falciano, Castaldo, Lettieri, Guerricchio, Masi, Ranaldi. Penso in primis a Marco Santoro, Giovanni Cafarelli, Felice Lovisco, animatori, con Rino Cardone della rivista “Perimetro”, artisti come Gerardo Cosenza e Rocco Aristide Guarino. Ma molti altri ancora andrebbero citati, Enzo Bomba, Salvatore Comminiello per es., fino ai giovanissimi Silvio Giordano ed Elisa Laraia.
Sarebbe bello ci fosse oggi un Tufano, nato negli anni '60, capace di raccontare questa nuova storia artistica lucana. Nello “Sconfittoriale”, dopo aver, giustamente, molto bacchettato l’atteggiamento provinciale che sempre ostacola per insipienza o per invidia il talento locale, lo ignora, lo bistratta, lo confonde con la mediocrità diffusa, mettendo perfidamente (o per pura ignoranza) tutti sullo stesso piano, i bravi e i pessimi, secondo me, anche Lucio Tufano scivola, un po’, in quell’atteggiamento di negazione dei nuovi talenti, (da Après moi, le déluge), dopo la bella stagione che ha vissuto da protagonista. Diciamo che almeno un accenno su una storia che ha avuto un suo sviluppo, in chiusura del saggio, me l’aspettavo. O forse esulava dallo specifico compito che si era prefissato l’Autore. Certo, dopo gli anni sessanta, non c’è più stata una realtà culturale condivisa, a parte qualche episodio durato poco (il “Gruppo ‘90” dei poeti, o la rivista “Perimetro” e il “COSPIM”, collettivo di scultori, pittori, incisori, musicisti), ma nuovi talenti sono comunque emersi, per fortuna, solo che hanno fatto strade individuali, solitarie e per questo anche più dure. E rispetto a quella stagione, dove anche le identità politiche e ideologiche erano ben definite, (la DC, il PSI, il MSI, il PCI), oggi è ben più difficile schierarsi, oggi che il potere è nelle mani di una classe genericamente democristianizzata. Questo, di sicuro, ha acuito la solitudine degli artisti. Dove stanno i loro interlocutori? I loro valorizzatori? Da chi viene apprezzata in questa regione la cultura? Da quali politici, da quali intellettuali? Per fortuna, i più bravi, i riscontri li trovano altrove.
Segnalo, infine, all’editore e all’Autore un piccolo refuso (pag. 197). Il professore di Liceo a cui va un ringraziamento per la vita spesa per la cultura e per la scuola, insieme ai Tramice, Gagliardi, Franculli, Lichinchi, Tomasillo... è il Prof. Giuseppe Tramutoli (e non, Tramutola). Lo so per certo. Come lo so? Lo so perché era mio padre.


(uscito oggi su Il Quotidiano della Basilicata)

1 commento:

  1. Io non avrei fatto quel refuso perchè debbo la vita all'indimenticabile Dottor Alfredo Tramutoli tuo zio che ricordo ancora come un grande medico e grande personaggio di una Potenza che non c'è più.

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