IOSIF BRODSKIJ - Certo. In sostanza, ci son due o tre cose da prendere in considerazione. La poesia russa in generale è piuttosto seria e solo raramente ci si permette qualche incrinatura. Però quando scrivi poesia, soprattutto da giovane, sai sempre, ti aspetti sempre che ci sia una mente sardonica che riderà delle tue gioie e dei tuoi dolori. Si tratta quindi di fregare quella mente sardonica, di batterla sul tempo. E l'unico modo per farlo è prendersi in giro da soli. Be', io l'ho fatto piuttosto a lungo. Però l'ironia ti isola moltissimo. Non è liberatoria, specialmente se è diretta a qualcuno, se ha un consumatore, un consumatore designato, quel lettore sardonico. In realtà l'unico modo per battere veramente quel tizio, se mai esiste - ma è sempre meglio supporre che esista -, sta nell'eccellenza delle tue affermazioni, nella loro importanza, nella loro serietà, così che lui non possa deriderti. E' quello che mi son messo a fare, e spero di esserci riuscito. Però la tecnica dell'autoironia, o della battuta, mi è rimasta appiccicata e ogni tanto la uso.
Un'altra cosa sull'ironia è che spesso la usi solo per evitare un cliché. Poniamo che ti imbatti in una rima, e non ve n'è una migliore in vista. Però sa di cliché. Quindi meglio rafforzarla un po'... allora puoi ricorrere a un'assonanza, e l'assonanza, nella sua essenza, è già di per sé abbastanza ironica... ci sono vari trucchi. Sarebbe corretto dire che l'ironia è un prodotto del linguaggio, tanto quanto il resto. E' una cosa come un'altra, quindi perché non usarla in una poesia? E' piacevole. Però non si deve esagerare, e bisognerebbe sempre bilanciarla con qualcos'altro. No deve mai essere fine a se stessa.
(Iosif Brodskij, Conversazioni, Adelphi 2015, pagg.112-113)
Nessun commento:
Posta un commento