mercoledì 26 ottobre 2011
Le orecchie in scatola di Roger McGough
Aspetto in corridoio
che mi tiri le orecchie.
Sono nervoso perché il Prof. O'Hanlon
è un orco che mantiene la parola.
Per venti minuti
lascio che la mia fantasia
si sbizzarisca da sola.
Ho troppa paura per seguirla.
Userà quel coltello con la croce svizzera
per cavarmele con un taglio netto? Le morsicherà?
Le toglierà seguendo la linea tratteggiata?
Le strapperà di colpo come cerotti vecchi?
In risposta all'incitamento della folla
solleverà la mia testa al cielo
come fosse la Coppa dei Campioni
e tirerà i manici? Aahhiiii...
E poi la scatola. Di cartone?
Forse una vecchia scatola di sigari? O un paio?
Bare singole di pino verniciato.
S e D. "Passate a miglior vita".
Adesso sono impaziente, ho voglia di cavarmi
il dente. Suonano le quattro.
Con le mani dove di-solito-c'erano-le-mie-orecchie, passo
sotto le forche caudine dei ragazzi che mi prendono in giro.
Alle sei la mamma torna a casa stanca
dopo una dura giornata alla fabbrica di pangrattato.
Le dò la scatola. L'apre
e urla qualcosa. Le dico:
"Come?"
(Roger McGough, Eclissi quotidiane, Medusa 2004, Traduzione e cura di Franco Nasi, pag. 21)
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